Il museo dei fallimenti

Musei atipici

Già da secoli il provare e poi fallire era sempre meglio che non provare affatto, come diceva Seneca << Se sei uomo, ammira chi tenta grandi imprese, anche se fallisce >>, se oggi è andata male, basta rimuginare sulla propria sconfitta, si deve guardare avanti come sospirava un romantico Clark Gable qualche anno più tardi.
Negli ultimi anni sembra che il nordeuropa abbia monopolizzato l’arte del vivere bene e in pace con sé stessi grazie ai loro suggerimenti filosofici che riempiono gli scaffali delle librerie, quindi non dobbiamo stupirci se a Helsingborg, una cittadina vicino a Malmo in Svezia, lo psicologo Samuel West ha deciso di inaugurare il Museo dei Fallimenti (www.museumoffailure.se).

In mostra ci sono più di 60 oggetti prodotti da grandi brand che sono partiti con i migliori auspici e poi si sono dimostrati un flop totale e dimenticati in poco tempo. Invenzioni a volte assurde, brutte esteticamente o solo sfortunate, le cause della mal riuscita di queste idee sono tantissime e non sempre da imputare al povere ideatore. Può succedere che l’idea di base sia molto buona ma non in linea con i tempi, come la Kodak DC40, nata nel 1995, già un piede nel digitale, viene spazzata letteralmente via, come il Nokia N’ Gage, mezzo telefono e mezzo consolle (vi ricordate quelle specie di saponette elettroniche a colori pastello con una tastiera infinita?!) che doveva essere il sogno segreto di tutti gli adolescenti che, in teoria, dovevano utilizzarlo per twittare tutto il giorno.

Anche l’intoccabile e venerata Apple negli anni ha toppato, da licenziare il suo futuro guru Steve Jobs (ritenuto difficile da gestire e poco produttivo) ai recentissimi Google Glass, probabilmente troppo avanzati, costosi e complicati da utilizzare.
Il messaggio che West, ricercatore dell’università di Lund con un dottorato in psicologia organizzativa, cerca di far passare con il suo progetto è che in una società, come quella di oggi che vede l’insuccesso come una macchia indelebile, dimostrare che anche una grande sconfitta può stimolare un nuovo futuro, una svolta inaspettata e magari migliore di quella precedente. Lui è un esperto del ramo, la sua professione primaria è quella di consulente aziendale, specializzato nell’aiutare a trasformare la crisi e i momenti di cambiamento in una spinta per affrontare con ottimismo al futuro.

Inoltre l’esperienza del “fallimento”, in generale, è spesso qualcosa da nascondere, da dimenticare in fretta e da infarcire di bugie per renderla meno penosa possibile agli occhi degli altri. Gli Stati Uniti, terra che ha sempre promesso possibilità e futuri meno grigi di quelli nostrani, è patria delle “FuckUp Nights”, le notti del fallimento, che non sono riunioni di persone sconfitte dalla vita che si piangono vicendevolmente sulla spalla l’uno dell’altra, ma imprenditori coraggiosi sull’orlo della bancarotta (o che l’orlo l’hanno già definitivamente sorpassato) che salgono su di un palco davanti ad una platea di sconosciuti per raccontare, nel giro di qualche minuto, i loro insuccessi e brindare agli sbagli commessi in passato. Insomma, la dimostrazione che la sconfitta personale proveniente da campi diversi (affettiva, lavorativa etc) può essere vista come un punto di svolta e che la sicurezza in sé stessi fa allontanare la paura di sbagliare e l’immobilità stagnante.

Lascia un commento